(19.12.15) Dal convegno di Saluzzo del 17 dicembre emerge una nuova consapevolezza: il problema del lupo non è un qualcosa di isolato rispetto alle varie minacce contro la montagna, le sue comunità, le sue attività tradizionali. Il lupo è parte di un progetto politico di stampo neocolonialista e tecnocratico che fa leva sui Parchi e l’attacco alle autonomie locali
a cura di Adialpi
(18.12.2015) Si è svolto a Saluzzo presso l’Antico Palazzo Comunale, nella serata di giovedì 17 dicembre, il convegno “Il lupo sugli alpeggi” organizzato dall’Associazione Difesa Alpeggi Piemonte – Adialpi, per dare voce “a chi vive questa realtà ogni giorno attraverso il proprio lavoro” senza lasciarsi ingannare dalle tante parole (e denaro pubblico) spesi per i progetti sul lupo in Italia, finanziando enti, parchi ed associazioni, senza minimamente curarsi delle difficoltà degli alpeggiatori.
Ad aprire la serata è stato il Presidente dell’Adialpi, Giovanni Dalmasso margaro di Crissolo, che ha descritto le attività dell’associazione, la lotta alle speculazioni sugli alpeggi che hanno fatto innalzare i canoni di affitto dei pascoli, e l’attuale coinvolgimento nei tavoli della Regione Piemonte sulle scelte della politica agricola.
“Il lupo è una delle tante problematiche degli alpeggiatori – afferma Dalmasso – di cui se ne potrebbe fare volentieri a meno. Anche i nuovi parchi naturali che si stanno insediando in Piemonte non sono altro che un grattacapo per chi lavora in montagna, con nuovi vincoli, regolamenti e difficoltà per chi deve vivere in questo ambiente. La colpa è soprattutto dei sindaci di montagna che non si sono battuti per rappresentare i loro cittadini ma hanno guardato soprattutto al loro interesse.
Il lupo si era estinto dalla nostra regione agli inizi del ‘900, poi è stato reintrodotto, ora è tornato a creare danni, ad attaccare le mandrie e i greggi, mettendo in difficoltà i pochi allevatori rimasti sulle nostre valli.
Il sostegno all’iniziativa dell’Adialpi è arrivato anche dal vicepresidente di Federcaccia Piemonte, Alessandro Bassignana che afferma: “Il lupo c’è e lo vediamo, si sta avvicinando alle città. In montagna il numero di animali selvatici è notevolmente diminuito dopo il ritorno del lupo. Sulla questione del ripopolamento e della sua possibile reintroduzione posso dire che, se il lupo delle Alpi dovrebbe teoricamente essere arrivato dagli Appennini, non si spiega il fatto che gli avvistamenti siano avvenuti diversi anni prima nel torinese che in Liguria.”
Pierangelo Cena di CIA Torino ha ribadito il suo appoggio alle iniziative per difendere l’attività dei margari sugli alpeggi: “Come organizzazione agricola ci siamo già impegnati nella raccolta firme contro il lupo sugli alpeggi. Siamo disponibili ad eventuali proposte. Il lupo ormai non è più in pericolo di estinzione, noi riteniamo servano nuove azioni per gestire il problema.”
Dal punto di vista politico, oltre agli interventi di vari sindaci locali che hanno sottolineato il loro ruolo all’interno del Coordinamento Gente di Montagna nato proprio per rappresentare le diverse problematiche del territorio alpino, è intervenuto Emiliano Cardia, rappresentante della segreteria dell’europarlamentare Alberto Cirio, che ha sottolineato la necessità di coordinare le proposte e le forze delle diverse associazioni agricole e di categoria affinché ci possa essere un fronte unico di proposte da avanzare alla politica. Sono infatti i politici che rappresentano il territorio che hanno il dovere e la possibilità di cambiare le regole laddove ci sono delle problematiche.
In conclusione della serata il Presidente Giovanni Dalmasso ha ricordato l’importanza di tutelare chi lavora in montagna, in particolare gli allevatori che svolgono un ruolo fondamentale nella conservazione del territorio. Sulle nostre vallate non serve il lupo ma chi è indispensabile è l’uomo.
“Come associazione dei margari – conclude Dalmasso – continueremo a farci sentire per ottenere delle misure utili a difendere il nostro lavoro, collaborando con gli alpeggiatori anche delle altre regioni e portando alla politica le nostre proposte. Noi le idee le abbiamo chiare, dobbiamo solo far capire agli altri le nostre ragioni prima che tutti gli alpeggiatori se ne vadano dalle montagne.”
il manifesto antilupo del Piemonte
I pastori, allevatori, margari, contadini e gente comune della montagna piemontese, firmatari dell’appello No Parchi, no lupi! diffuso tra le valli nell’autunno 2015, dichiarano con forza quanto segue:
- il ritorno “naturale” dei lupi sulle Alpi è un racconto propagandistico. Un’analisi genetica accurata e soprattutto indipendente potrebbe facilmente dimostrare l’origine est-europea della gran parte della popolazione di lupi alpini. I pochi lupi rimasti in Abruzzo negli anni settanta all’interno del Parco nazionale si sono diffusi sugli Appennini, ma non spiegano la comparsa improvvisa nei primi anni novanta di lupi sulle Alpi marittime tra Italia e Francia (quando la Liguria ne era ancora del tutto priva), dapprima solo all’interno o in prossimità dei due Parchi regionali delle Marittime e del Mercantour, né tantomeno analoghe presenze negli stessi anni nel Parco di Salbertrand in Valle Susa. Per anni la presenza fu negata e le predazioni attribuite a cani rinselvatichiti, fenomeno mai esistito sulle Alpi occidentali.
- lupi e pastorizia non possono coesistere nello stesso areale: i predatori vanno allontanati dalle zone di pascolo delle Alpi;
- i lupi compromettendo il pastoralismo favoriscono l’avanzare dei boschi e riducono la biodiversità dei pascoli alpini;
- lupi non più abituati ad essere cacciati dall’uomo diventano col tempo una minaccia reale alla vita umana (e non solo per i pochi montanari ma anche per i numerosi escursionisti);
- l’uccisione, ora illegale, di lupi non è bracconaggio, ma legittima difesa della persona e degli animali. Occorre riconoscere il diritto naturale dell’allevatore alla difesa armata del proprio bestiame all’interno dei propri pascoli!
- la colonizzazione dei lupi sull’intero arco alpino, auspicata e pianificata dal recente Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia, redatto dall’Unione Zoologica Italiana per il Ministero dell’Ambiente, è un progetto folle e delirante per chi in montagna lo subisce, ma che nasconde interessi concreti di soldi e finanziamenti per chi lo propone;
- I “Parchi naturali” sono lo strumento amministrativo con il quale tali politiche falsamente ambientaliste vengono imposte alle comunità locali: vanno semplicemente aboliti, risparmiando risorse che potrebbero impiegarsi in modo ben più proficuo per la tutela dell’ecosistema e del paesaggio alpino, da secoli incentrate sull’opera dell’uomo contadino;
- la responsabilità ultima della colonizzazione dei grandi predatori sulle Alpi ricade sulle politiche europee. L’unica soluzione efficace per risolvere a lungo termine il conflitto tra predatori e gente di montagna è mettere in discussione la Direttiva Habitat e uscire dalla Convenzione di Berna: in effetti, la vera specie che rischia ormai l’estinzione sulle Alpi non è certo il lupo, ma l’essere umano, in particolare il contadino e la sua famiglia!