di Anna Carissoni
(10.11.18) Non so a voi, ma a me tutti questi pianti a disastri avvenuti cominciano a sembrare lacrime di coccodrillo.

Ovvio che c’è solo da piangere perché si rimane senza parole di fronte a tanta distruzione, alle foreste atterrate, alle strade inghiottite, ai tralicci ripiegati su se stessi, agli argini che si sbriciolano, ai versanti delle montagne che vengono giù. Ma prima di dire che “le montagne venete e trentine sono morte il 29 ottobre”, come qualcuno ha detto e ripetuto, bisognerebbe dire che quelle montagne, come tante altre del nostro Paese, avevano cominciato a morire molto tempo prima ed erano già morte.

Le montagne erano già morte quando ha chiuso l’ultimo ambulatorio medico, l’ultimo dispensario farmaceutico, l’ultimo ufficio postale, l’ultimo panificio, l’ultimo negozio di barbiere manda a dire il mio amico Andrea Nicolussi Golo dalla sua baita di Luserna, paese di neanche 300 abitanti, a 1300 m. di quota, che non ha mai voluto abbandonare .Le montagne erano già morte quando i loro bambini di sei anni hanno incominciato a salire sugli autobus per andare a scuola venti chilometri più a valle e poi quaranta, con la chiusura dell’ultima scuola, la nostra più grande tragedia. Le montagne erano già morte quando l’ultimo prete ha lasciato la canonica, lo so in città il prete conta nulla, ma venite voi a dire ai nostri vecchi che devono morire senza confessione, venite a dirglielo guardandoli negli occhi che io non ne ho né la forza né il coraggio. Le montagne sono morte allora, quando sono morti i paesi.

Poi, rivolto soprattutto ai cittadini, Andrea aggiunge:
Il 29 ottobre si è solo un po’ rovinato il vostro luna park, per qualche tempo non potrete farvi quelle belle passeggiate tonificanti all’ombra di boschi secolari, senza chiedervi nulla della fatica di chi li ha coltivati, sì, proprio coltivati, non potrete fare quelle belle gite con le ciaspole nell’incanto dell’inverno, stendervi al sole seminudi a tremila metri di quota…. Ma non preoccupatevi, lo show andrà avanti e se non per l’otto dicembre, per Natale potrete tornare a divertirvi, tutto sarà rimesso a lucido, solo i paesi non torneranno più, i paesi continueranno a morire e noi con loro.

Ecco, mi viene da pensare che, fatte le debite proporzioni, alle prossime alluvioni ed al prossimo tornado qualcosa di simile a quanto successo in Veneto, in Trentino e in Friuli potrebbe toccare anche a noi. Anche le nostre montagne stanno morendo, e anche qui si crede di farle resuscitare spendendo energie e risorse in feste e manifestazioni d’ogni tipo e in strutture finalizzate quasi esclusivamente ad attirare un numero sempre maggiore di turisti cittadini…. E intanto pascoli, boschi, vallette e versanti vanno in malora anche qui perché i montanari, che li hanno curati e ‘tenuti a bada’ per secoli, devono scendere a valle in cerca del lavoro e dei servizi decenti che dai nostri paesi se ne sono andati e continuano ad andarsene. Ecco, credo che quando i disastri arriveranno anche qui, all’elenco dolente delle cose che fanno morire i paesi di montagna stilato da Andrea avremo anche noi qualcosa da aggiungere: l’ultimo punto-nascite, per esempio, gli ultimi sportelli bancari, gli ultimi negozi di prossimità….. |