Europa e culture alpine

(07.01.14) Se l’analisi del DNA individua il grado di parentela tra individui o l’appartenenza ad una specie, così la scala dei valori fondanti individua una comunità e la colloca in un albero genealogico in cui sono individuabili gradi di parentela con culture prossime con le quali si hanno segmenti di questo DNA in comune.
Una comunità è tale quando i suoi componenti riconoscono per buona parte sovrapponibile la scala dei valori fondanti.
Il sentire collettivo, la scala dei valori fondanti, è il mezzo che una comunità ha a disposizione per individuare e perseguire il fine del proprio agire che diventa allora il “bene comune”. Sulle Alpi si sono mantenute comuni tracce culturali, più o meno residuali, che altrove sono state cancellate dall’avanzare della modernità e del conseguente approccio liberal alla organizzazione della società. Non è un caso che queste tracce si siano potute conservare proprio nei luoghi in cui l’approccio comunitario è stato premiante e questo è il motivo per cui le Alpi custodiscono un patrimonio immateriale che arriva dalla storia e dai secoli passati, mantenuto sui monti quasi scrigno segreto.
Quelle che sono ora considerate culture minoritarie non sono solo testimonianze di un tempo che fu, ma solo il ponte che ci può collegare all’avvenire possibile.
La cultura “maggioritaria” ci arriva da una storia recente, frutto del processo che ha portato alla nascita degli Stati Nazione, invenzione recente da cui buona ultima in Europa è nata l’Italia.
Un processo di normalizzazione che ha funzionato bene nelle pianure e nelle città, ma che non ha potuto cancellare le tracce di culture nascoste più in alto, che si erano fatte alpine per libera scelta e che ora sono patrimonio collettivo.
Le culture “minoritarie” rimaste quassù testimoniano percorsi di civiltà che hanno seguito le curve di livello, che hanno permesso di affrontare difficoltà oggettive del vivere il monte e ci legano ad antiche relazioni transnazionali, a tempi passati in cui prese corpo e si consolidò l’idea di una Europa che ora riprende il suo cammino, faticoso, ma ineluttabile.
Un’Europa che ora deve riscoprire l’importanza del Mediterraneo spostando a Sud un baricentro troppo legato alle capitali del Nord e le Alpi, montagne mediterranee, possono dare un contributo sostanziale alla costruzione di un’Europa nuova capace di guardare ad un avvenire possibile.
Le Alpi intese come luogo in cui popoli che si sono fatti montanari hanno saputo conservare tracce di valori, saperi e storie che sono ora patrimonio collettivo e non Alpi come angolo ameno coperto di boschi, popolato da selvatici e senza l’uomo che lo viva.
Tra molte, mi piace la definizione della montagna di Fernand Braudel “la montagna è il rifugio della libertà, delle democrazie, delle risorse importanti, anche se respinge la grande storia, gli oneri come i benefici e i prodotti più perfetti della civiltà”.
L’attuale Europa, distesa sulle Grandi Pianure, ha finalmente compreso l’importanza delle sue Alte Terre e la decisione assunta dal vertice europeo del 20 dicembre scorso che porterà alla Macroregione Alpina è l’inizio di un cammino nuovo. Evviva!
Sta a noi montanari fare in modo che al centro del progetto europeo per una Macroregione Alpina venga collocato l’uomo che le Alte Terre vive.

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