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Subito lo spray anti-orso al peperoncino. Prima che sia troppo tardi !

https://drive.google.com/file/d/0B9jXgSdelYflWS1EZ21VWmV2R0k/view?usp=sharing
Negli ultimi 12 mesi quattro persone sono state aggredite dall’orso in Trentino. L’ultima ha riportato gravissime lesioni.
Crediamo non si possa più pretendere che la gente vada in montagna inerme o armata solo di campanellini. La soluzione c’è e si chiama spray al peperoncino anti-orso, di dimostrata efficacia e largamente utilizzato negli Stati Uniti, in Canada e in altre parti del mondo. Tecnicamente è una cosiddetta arma non letale che causa solo un’irritazione temporanea e nessun danno permanente. In tal modo saranno salvaguardati anche gli animali.
Attualmente lo spray al peperoncino è di libera vendita solo nei flaconcini anti-stupro, inefficaci per capacità e gittata nei confronti di un orso.
Per questo abbiamo deciso di promuovere l’allegata petizione di legalizzazione dello spray anti-orso. Si allega anche la locandina pubblicitaria.

I moduli compilati andranno inviati all’avv. Mario Giuliano, titolare del trattamento dei dati, in Via IV Novembre 74, 38121 Trento. La prima colonna, che riporterá un numero progressivo, dovrá essere lasciata vuota. Potranno firmare tutti coloro che, inclusi stranieri e minorenni, ritengano pericoloso avventurarsi nei boschi trentini senza alcuna arma di difesa col rischio d’incontrare un orso malintenzionato, come purtroppo successo allo sfortunato Vladimiro Molinari lo scorso 10 giugno.

Scienziati e studiosi francesi firmano appello pro pastori (e contro i lupi)

Pubblicata il 13 ottobre 2014 sul quotidiano francese Liberation e sottoscritta anche da Carlin Petrini, fondatore di Slow Food

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(qui l’originale in francese)

Appello perché gli ecosistemi non siano abbandonati dai pastori

I nostri paesaggi emblematici di montagne, colline e paludi sono costituiti di un mosaico di ambienti operato nel corso dei secoli dalle pratiche contadine. La vitalità di questi spazi, sempre più apprezzati dalle nostre società urbanizzate, si degrada velocemente quando non sono più mantenuti e curati per il pascolo delle greggi. Ora, in numerose regioni, le greggi subiscono l’assalto dei lupi. Cosa fare? La gravità della situazione richiede l’adozione di misure di emergenza, sul terreno come nel campo normativo. Giudicati in pericolo di estinzione in Europa, i lupi sono una specie rigorosamente protetta. Nel Grande Nord americano come eurasiano, sono considerati come ” specie chiave di volta”  degli ecosistemi, bio-indicatori di una natura tornata o rimasta selvaggia. In Francia, dove la geografia e la storia sono molto diverse, i lupi manifestano il loro comportamento opportunista. Secondo le opportunità, trascurano la loro funzione di “regolatore” degli animali selvaggi, indeboliti o malati, e si attaccano frequentemente alle greggi di allevamento in perfetta salute.
In modo paradossale, è l’allevamento pastorale, una delle nostre agricolture più rispettose della biodiversità, inoltre riconosciuta come produttrice di una varietà di servizi ecosistemici, che i lupi, adornati dello statuto di protezione rigorosa, stanno minacciando di far sparire.
Dal 1992, delle direttive europee si adoperano a promuovere la gestione degli ambienti agropastorali che hanno resistito alle banalizzazione e artificializzazione dei paesaggi per colpa dell’agricoltura convenzionale. Infatti, numerose specie notevoli vi hanno trovato rifugio:  coturnìce, pernice, stambecco, gipeto….
I mosaici di prati, lande e prati-boschi, tenuti dal pascolamento, offrono e rinnovano un’ampia gamma di bellezze a chi apprezza anche piante a fiori, insetti, rettili e batraciani. Questa biodiversità è anche domestica, con, tra altre, le pecore raïoles, brigasques emourerous, le capre del Rove e del Poitou, che gli allevatori si danno da fare per conservarle.
Nei parchi nazionali e regionali, nelle riserve e nella natura ordinaria, la preservazione delle biodiversità selvagge e domestiche è un unico e stesso combattimento. La sfida è diventata nazionale. Insediati dovunque nelle Alpi, i lupi hanno ormai raggiunto il Giura, i Vosgi, l’est dei Pirenei, arrivano nell’Ardèche, nella Lozère, nel Cantal e Aveyron, nelle pianure delle Regione Champagne e Lorraine.
Nel 2014, i conteggi ufficiali indicano ventisette branchi di lupi, i due terzi dei quali nelle Alpi del Sud. La popolazione è di 300 lupi adulti, in più di una ventina di dipartimenti francesi, con una crescita di 20% per anno.
Ogni anno, le perdite ufficiali ammontano a venti/venticinque pecore o capre uccise in media da un lupo adulto, ciò è considerevole. Gli attacchi si estendono poi ai vitelli, giovenche, e cavalli. Questi attacchi si svolgono sugli alpeggi, ma anche nelle lande e collinette delle valli, nel sottobosco, e fino sui prati.
Come si è arrivato a questo punto ? Si deve imputare questo flusso crescente delle perdite all’inerzia degli allevatori ? Questo sarebbe far loro una grave ingiuria.
Dal 1994, delle misure di protezione erano proposte agli allevatori e pastori. Questi li hanno attuate. Nelle Alpi, hanno acquistato più di duemila cani di protezione. I pastori si sono assoggettati, per quanto possibile, a riportare ogni sera i loro greggi in parchi elettrificati, degli aiuto-pastori hanno rinforzato le sorveglianze.
Queste misure si sono rivelate efficaci ? Ci fu una tregua tra 2006 e 2009. Ma dopo, da allora, nulla funziona più! Malgrado una protezione aumentata, le perdite si sono raddoppiate in quattro anni. Allevatori e pastori hanno adattato le loro pratiche, ma anche i lupi, cosicché  visibilmente essi sono sul punto da prevalere. Malgrado  i cani di protezione, i lupi ora attaccano di giorno e di notte. Invece in modo più preoccupante si constata che la presenza umana non li dissuade più. I lupi hanno percepito il loro privilegio di esser protetti tanto da ripetere i loro attacchi senza rischio, compreso vicino alle strade e abitazioni. Questo cambiamento di comportamento era prevedibile.
Negli Stati Uniti, è conosciuto da molto tempo, dentro e vicino ai parchi nazionali, dove i gestori lottano ogni giorno contro gli effetti perversi della protezione integrale delle specie. Incitare la grande fauna a conservare un comportamento selvaggio nei nostri paesi esigerebbe una regolazione di continuo allarme, molto violenta.
Una conclusione si impone: i dispositivi di protezione più elaborati sono stati svalutati in pochi anni. Diverse tecniche complementari sono proposte, razzi illuminanti, generatore di ultrasuoni, droni sonori. Queste tecniche impauriscono sicuramente più le greggi che i loro predatori. I lupi sono intelligenti ed inventivi. La strategia europea di coesistenza delle attività di allevamento con questo grande predatore protetto è fallita, deve essere rimessa in questione. Al di là dei costi finanziari, le sfide ecologiche ed umane si amplificano e rimangono indissociabili.
La Francia si è impegnata presso l’Unesco a preservare i paesaggi culturali dell’agropastorizia delle Causses e Cévennesiscritti al patrimonio mondiale dell’umanità. Nelle Cévennes, come dovunque altrove nell’esagono, il ripiegamento delle attività pastorale provocherà il divenire della boscaglia e la degradazione degli habitat e di una litania di altre specie protette.
Ovviamente, questa prospettiva non richiama allo statu quo: i paesaggi sono viventi, i loro protagonisti non hanno smesso di evolversi. Alcune associazioni che ieri raccomandavano la ” convivenza”, oggi richiedono il ripiegamento dell’allevamento pastorale.
Ma il nostro paese non è il Wyoming ne il Montana. Allevatori e pastori di Francia non meritano di essere squalificati, espropriati. Questi uomini e donne sono appassionati, ispirati dal rispetto del vivente, si sono impegnatati nei mestieri esigenti, modestamente rimunerativi.
Siamo ancora in tempo per ridisegnare un avvenire per queste campagne ? Di impedire l’esclusione e l’emarginazione di contadini che si danno da fare per fabbricare dei prodotti locali di qualità, pure facendo vivere dei paesaggi diversificati ed accoglienti ? Si può ancora incitare i lupi a rimanere ” selvaggi” « facendo  loro capire » di conservare la dovuta distanza dalle attività di allevamento?
Le nostre società hanno bisogno di ecosistemi e di paesaggi diversificati. Molti funzionano e si rinnovano grazie al meticoloso lavoro dei pastori ed allevatori. La situazione divenendo per loro insostenibile, è sul punto di perdere il valore straordinario di questo patrimonio di  ecosistemi e paesaggi a causa dei lupi. S’impone un nuovo ripensamento dell’intero concetto  visione regolazione. È purtroppo già molto tardi. Forse, però, non è ancora troppo tardi.
Firmatari :
Gilles Allaire  Economista (Inra)
Gérard Balent  Ecologo (Inra)
Olivier Barrière  Giurista (Istituto di ricerca per lo sviluppo, IRD)
Claude Béranger  Zootecnico (Inra)
Jean-Paul Billaud  Sociologo (CNRS)
Jean-Luc Bonniol  Antropologo (Università Aix-Marseille)
Anne-Marie Brisebarre  Antropologa (CNRS)
Bernard Denis  (Scuola veterinaria, Nantes)
Vinciane Despret  Filosofo (Università di Liege)
Christian Deverre  Sociologo (INRA)
Jean-Pierre Digard  Antropologo (CNRS)
Laurent Dobremez  Agronomo (Istituto nazionale di ricerca scientifica e tecnologica per l’ambiente e l’agricoltura, Irstea)
Jean-Claude Duclos  Etnologo
Laurent Garde  Ecologo (Centro studi e realizzazioni pastorali Alpi-Mediterraneo, Cerpam)
Alfred Grosser  Professore emerito Sciences-Politique
Laurent Hazard  Agroecologo (Inra)
Bernard Hubert  Ecologo (Inra et EHESS)
Gilbert Jolivet  Veterinario (Inra)
Frédéric Joulian  Etologo ed antropologo (EHESS)
Étienne Landais  Zootecnico (ex-DG Montpellier SupAgro)
Guillaume Lebaudy  Etnologo (Università Aix-Marseille)
Bernadette Lizet  Etnologa (CNRS e Museo di Storia Naturale , MNHN)
Michel Meuret  Ecologo (Inra)
André Micoud  Sociologo (CNRS)
Danielle Musset  Etnologa (Università Aix-Marseille)
Pierre-Louis Osty  Agronomo (Inra)
Michel Petit  Economista (Istituto agronomico mediterraneo di Montpellier, IAM)
Carlo Petrini  Sociologo, Fondatore e Presidente di Slow Food International
Xavier de Planhol  Geografo (Università Paris-Sorbonne)
Sylvain Plantureux  Agronomo (Università di Lorena)
Jocelyne Porcher  Sociologo (Inra)
Daniel Travier  Etnologo, (Museo delle Valli delle Cevenne)
Pierre-Marie Tricaud  Agro paesaggista  (Federazione francese dei paesaggi, FFP)
Marc Vincent  Zootecnico (Inra).
(1) Il Bocage : un particolare tipo di paesaggio rurale che comprende piccoli boschi, siepi naturali e paludi frammiste a terreni coltivati di forma irregolare recintati, particolarmente presente nelle regioni nord-occidentali della Francia, come in Bretagna o in Normandia, e nel Regno Unito.

Allevatori, pastori, margari reagiscono ai soprusi dei “Signori dei lupi”

(12.09.14) Le associazioni Adialpi e Alte Terre aderenti a Forum Terre Alte in occasione del Forum Wolf Alp in onda ieri a Torino hanno rilasciato un comunicato stampa in cui smascherano la farsa di una “partecipazione” che per i Signori del lupo significa imporre la loro governance autoritaria e tecnocratica alla popolazione montana, alle categorie dei lavoratori della montagna. Essi confidano sul fatto che la politica da molto peso all’animalismo epidermico di tanti elettori cittadini e nessun peso alle comunità di montagna, disperse e poco numerose. Confidano anche sul fatto che le rappresentanze di categoria del mondo agricolo e allevatoriale non tutelano minimamente gli allevatori di montagna, ai pastori, ai margari. A Torìno gli allevatori avrebbero dovuto fare le comparse. Con una manciata di secondi a disposizione per esprimere il loro dissenso a fronte delle ore di relazioni e della passerella autoreferenziale dei lupologi, degli ambientalisti di regime e dei Parchi

Così hanno preferito esprimersi attraverso un documento qui riportato

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Il programma europeo LIFE WolfAlps: un business senza scrupoli ai danni della comunità alpina!

LʼAssociazione Alte Terre e Adialpi intendono esprimere alcune considerazioni in rappresentanza dei propri associati, in buona parte contadini, pastori e malgari delle valli piemontesi, sul progetto LIFE WolfAlps oggi qui presentato, dopo un anno di “attività”, dal Parco Alpi Marittime, di fronte ad invitati ufficiali che potranno conoscere “da fonti specializzate informazioni oggettive e imparziali” e “soddisfare dubbi e curiosità sul lupo”, ma che non potranno ascoltare lʼaltra voce, ad esempio quella dei pastori che subiscono attacchi dai lupi o di chi sulle Alpi ci vive ogni giorno e soprattutto dʼinverno avverte la minaccia e la pesante limitazione di libertà: testimonianze certamente soggettive e parziali, ma autentiche e vissute direttamente, esperienze che a quelli di LIFE WolfAlps non interessano, perché non compatibili con la loro ideologia conservazionistica e con il quadro idilliaco da cartolina (le curiosità sul lupo) che vanno raccontando da ormai troppo tempo!

1. Il marcio viene dalla testa.

Esiste ed è molto attivo un network in Europa (diretto dal LCIE, Large Carnivore Iniziative for Europe), che coordinando sotto la guida del prof. Luigi Boitani una trentina di ricercatori, selezionati tutti in base alla loro appartenenza al partito ideologico pro-lupo, elabora politiche protezionistiche e in particolare stabilisce le “linee guida” delle Direttive e Convenzioni europee senza lasciar spazio a confronti e discussioni con chi queste politiche deve subire. Un chiaro esempio dellʼEuropa oligarchica delle commissioni e dei burocrati che non prevede attenzione al metodo democratico e alle comunità umane! Che tristezza rendersi conto che in Europa ci siano molti soldi per ripopolare e proteggere lupi orsi e linci sulle Alpi, mentre manchino del tutto per le necessità primarie dei bimbi di montagna, vera specie in estinzione!

2. Per i Parchi il lupo è un business

Sono ormai ventʼanni (dallʼ Interreg II ʼ94-ʼ99, dedicato al lupo) che il Parco delle Alpi Marittime è protagonista e capofila di queste politiche ambientali europee calate dallʼalto, dissennate e antiumane per portarsi a casa dei denari. Certo in tempo di crisi economica, con conseguenti difficoltà di bilancio, ogni Ente deve adoperarsi per finanziare le sue attività, ma riteniamo sia pratica immorale ricercare finanziamenti che sono pubblici per sviluppare attività che provocheranno sicuri danni a unʼintera categoria professionale che da millenni vive in modo sostenibile sulle Alpi. Un dirigente pubblico responsabile non può autogiustificarsi con la solita litania che “lo vuole lʼEuropa”. In effetti, a ben guardare, non interessa veramente il lupo in quanto tale, ma piuttosto i finanziamenti che da due decenni la politica pro Grandi Carnivori riesce ad ottenere. Con la solita miopia non si fa cosa serve al territorio, ma cosa è finanziato da un potere lontano mosso da interessi spesso inconfessabili. Spiace davvero constatare il nuovo e indebito ruolo assunto dai Parchi, i quali approfittando del vuoto di rappresentanza politica della montagna, promuovono o partecipano a progetti che condizionano negativamente la vita dellʼuomo sul Monte, ponendosi in conflitto con la popolazione locale. E spiace ancor più vedere su questo stesso fronte impegnato direttamente e attivamente anche il Corpo Forestale che mette a disposizione (in questo caso ottenendo in cambio alcune Land-Rovers pagate da WolfAlps) caserme e uomini al servizio di unʼideologia ambientalista di matrice anglosassone (stile WWF), estranea alla cultura e alla storia delle Alpi, che potrà provocare solo danni!

3. Lupi e pastorizia

Nelle zone frequentate da branchi di lupi la situazione è diventata insostenibile per chi svolge attività pastorali. Quale imprenditore può accettare di essere attaccato nella sua proprietà in modo imprevedibile e violento senza aver alcun diritto a difendersi e a reagire? Qualunque ladro o assassino che entri nel mio negozio o in casa per depredare e uccidere, magari avrà le sue ragioni e avrà fame, ma io se riesco non cercherò di fermarlo? E per il pastore il suo gregge, la sua ricchezza, non è fatta di cose o di beni rimborsabili, ma di bestie vive che condividono la sua vita, che conosce e ha selezionato da generazioni e che hanno per lo meno lo stesso diritto naturale di vivere dei lupi aggressori. Con quale diritto contro natura si vuole impedirgli di reagire attivamente agli attacchi? Nessun rimborso può ripagare il danno subito, lo stress imposto, il venir meno del senso del proprio lavoro. Solo riconoscendo il ruolo sociale del pastore con i suoi diritti di pascolo e di protezione attiva delle sue bestie potrà diminuire la conflittualità tra uomini del Monte e lupi, non certo con la politica sin qui adottata di compensare in qualche modo i danni con denaro: non alleviamo per nutrire dei predatori!

4. Antropofagia

Lʼantropofagia non è fantasia letteraria, ma una realtà concreta, attestata dovunque nella storia, che solo la follia ideologica vuole ignorare ad ogni costo. Eʼ ben vero che i lupi un tempo tendenzialmente evitavano gli esseri umani per timore atavico, pur se negli archivi storici si trovano testimonianze (anche in Piemonte o in Liguria) che attestano casi di attacchi ripetuti contro persone da parte di uno stesso branco ormai avvezzo allʼantropofagia, con conseguente mobilitazione dellʼintero villaggio minacciato sino allʼeliminazione dei lupi coinvolti. Le rassicurazioni dei sedicenti esperti, cattedratici che mai hanno vissuto la campagna, sono ridicole e si confutano da sole: se “secoli di persecuzione hanno portato la specie a temere lʼuomo e a sfuggirlo in ogni modo”, oggi che non è più perseguibile si arriverà in fretta a una popolazione di lupi priva di timore nei confronti dellʼuomo… e allora lʼaggressione ad un essere umano non sarà più “unʼipotesi molto remota”! Dʼaltra parte, sono numerose le testimonianze di attacchi allʼuomo recenti in India, in Turchia, in Russia ed anche in Nord America (questʼultimi, particolarmente significativi perché avvenuti allʼinterno o nei pressi di Parchi dove era avvenuta la reintroduzione) e purtroppo anche qui da noi nelle valli cuneesi si continuano a moltiplicare le segnalazioni di situazioni critiche di pre-attacco da parte di lupi sullʼuomo. Abbiamo fondato timore che ormai sia solo più questione di tempo…

5. Quale convivenza?

Eʼ impossibile una convivenza pacifica e duratura tra lupi e animali domestici allʼinterno di uno stesso areale: i territori di caccia degli uni non possono coincidere con le zone di pascolamento degli altri. La compresenza genera inevitabilmente conflitti, come lʼesperienza di questi anni mostra in modo inequivocabile. Le misure di prevenzioni proposte, recinzioni elettrificate e cani da difesa, come abbiamo già da tempo denunciato, sono per lo più inefficaci e solo in alcune situazioni utilizzabili. I pastori e la gente del Monte sono consapevoli che le mutate condizioni antropiche e sociali della montagna, così come i cambiamenti della mentalità collettiva giù in pianura, renderanno per lungo tempo (misurabile in decenni) necessaria la convivenza forzata con i lupi. Occorre dunque creare le condizioni giuridiche affinché tale convivenza non si attui a tutto svantaggio della gente e dei pastori di montagna, ai quali bisogna garantire la possibilità di difendersi quando si sentono minacciati nelle persone e nei propri animali. Negare il diritto naturale allʼautodifesa, oltre che espressione di intollerabile arroganza e disprezzo per chi si trova nella condizione di vittima, significa abbandonare a se stessa unʼintera categoria sociale, non riconoscere dignità allʼantico mestiere praticato, non accettare che lʼinevitabile scontro tra pastori e lupi sia giocato ad armi pari! Il lupo è un carnivoro predatore, che evidentemente ha un diritto naturale ad uccidere altri animali per nutrirsi. Sceglierà in base alla sua convenienza, alla disponibilità della preda, alle possibilità di successo, allʼesperienza già acquisita dal branco, indipendentemente dal fatto che siano animali selvatici o domestici. Esiste un diritto, anchʼesso naturale, del pastore alla difesa attiva di fronte a predatori specializzati che si muovono in branco. Ora, da quando sono disponibili armi da fuoco (nelle Alpi a partire dal XVII secolo), lʼuomo ha contrastato la predazione del lupo sparando. Lʼintento deve essere quello di non far scordare alle nuove generazioni di lupi reintrodotti lʼantico fondamentale imprinting: tenersi lontano dagli esseri umani perché possono rappresentare un pericolo per la loro sopravvivenza. Non si tratta di sterminare, ma di far comprendere al lupo nellʼunico modo tecnicamente possibile che il bestiame domestico non è mai una preda conveniente! Sullʼesempio di quanto accade in altre aree geografiche extraeuropee dove si convive tradizionalmente con i lupi ed anche di quanto si sta già sperimentando in alcune zone delle Alpi francesi dove il Prefetto ha concesso di pascolare armati (con primo sparo in aria), sarà anche da noi necessario superare il tabù e concedere ai pastori che lo reputino necessario per la vicinanza di lupi ai propri animali di portare unʼarma durante il pascolamento. Basterà dotarsi di un regolare porto dʼarmi e limitarsi ad agire allʼinterno dei propri terreni di pascolo.

6. La politica è assente!

Chi governa la montagna piemontese? Davvero si vuole lasciare in mano ai funzionari dei Parchi la politica ambientale sulla montagna ? Morte le Comunità Montane, con i sindaci assorbiti da mille problemi e dai diktat finanziari, chi resta a rappresentare nelle sedi istituzionali opportune la voce dei montanari? Qualʼè la posizione dellʼAssessorato alla Montagna che ha pure la delega sui Parchi? Il vuoto lasciato dalle istituzioni elette negli ultimi anni è stato progressivamente riempito da politiche unilaterali, impegnate solo a difendere una “Natura” intesa in modo astratto, ideologico, urbano. Nelle mani di fanatici ambientalisti la protezione assoluta dei Grandi Predatori diventa una nuova forma di colonizzazione della montagna, tesa ad imporre unʼimmagine della natura e dellʼambiente tipicamente cittadina. Si sta preparando un avvenire in cui la gente del monte o si chiude in una riserva, in un parco cintato, o sarà meglio scomparire, emigrare, perché si compia il barbaro progetto di “riinselvatichimento” delle Alpi! Noi montanari non ci stiamo, alziamo la voce, e attendiamo che anche la politica ufficiale prenda posizione! Sulla base di queste considerazioni lʼAssociazione Alte Terre e lʼAssociazione Adialpi, facendosi portavoce della gente delle montagne piemontesi, nulla o scarsamente rappresentata nelle sedi politiche, soprattutto europee, dove si decidono le politiche ambientali, affermano con forza il diritto di poter vivere in tranquillità tra le proprie case e i propri campi, di poter ancora mandare un figlio al pascolo senza timore, di poter lavorare senza che i selvatici devastino regolarmente i pochi ma essenziali frutti del nostro lavoro! Chi vive e lavora ancora la montagna esige che perlomeno si smetta di finanziare coi soldi di tutti questa dissennata politica ambientale di difesa dei Grandi Carnivori sulle Alpi che di fatto significa reintroduzione e diffusione! Bisognerebbe chiedersi quale sia il senso della strategia delle Direttive ambientali europee, chiedersi dove sia il controllo democratico di queste politiche, le cui pesanti conseguenze ricadono puntualmente sulla testa di chi vive in montagna, favorendone ulteriormente lʼabbandono. Non vogliamo che questi soldi siano spesi per la protezione di animali pericolosi per gli esseri umani: le conseguenze di lungo periodo, negative ed irreversibili, per la vita dellʼuomo sulle Alpi sono ben maggiori dellʼindotto positivo di qualche posto di lavoro nei Parchi. Ci piacerebbe far comprendere che la tutela dellʼambiente non passa attraverso la costituzione e il continuo e preoccupante proliferare di aree protette, nelle quali i predatori troverebbero il loro habitat naturale (la cosiddetta famigerata rete di Natura 2000), ma dalla giusta e rispettosa presenza dellʼuomo che con la natura convive e lavora quotidianamente. In alpe questo equilibrio vige da secoli, come sanno bene tutti gli amanti della montagna che nel loro tempo libero salgono quassù per gite e escursioni, mentre non sembra potersi dire altrettanto quando si scende in pianura. Non Parchi, non lupi vogliamo, ma poter vivere e lavorare in armonia con la nostra Terra, dando un futuro ai nostri figli!

Dronero 11-9-2014 Presidente Alte Terre Giorgio Alifredi – Presidente AdiAlpi Giovanni Dalmasso

Fabbrica degli orsi fuori controllo. La politica trentina annaspa

(23.08.14) Ugo Rossi, presidente del Trentino si copre di ridicolo. Con i suoi autogol dimostra come la premiata fabbrica degli orsi (Life Ursus) sia fuori controllo. Prima dice di voler limitare gli orsi con catture e abbattimenti, poi – inginocchiandosi agli animalisti – supplica le altre regioni di subirsi un ‘contingentamento’ di plantigradi da esportazione. Come fossero rifiuti speciali

 

 
 

di Michele Corti

 

Caro Rossi vuoi sbolognare gli orsi (divenuti una grana) ai vicini  montanari di serie B. Beh, se sei pronto a dividere anche l’autonomia con i montanari lombardoveneti allora forse… Se no gli orsi spostali ad Est dell’Adige in tante belle valli dove c’è ancora posto (poi vediamo se la gente è disposta ad accogliere i discoli). Troppo comodo ‘mettere in comune’ le rogne. E ricorda: se l’orsa che ha mandato all’ospedale il fungaiolo non viene catturata alla prossima aggressione tu Groff e Masé diventate responsabili di omicidio/lesioni gravi

 

La politica aveva dato corda agli apprendisti stregoni di Life Ursus (un progetto avventuristico criticato a suo tempo da chi studiava gli ultimi orsi trentini). Si era fatta blandire dalla prospettiva di presentare il Trentino come esempio virtuoso di reintroduzione dell’orso sulle Alpi. Ma le cose sono sfuggite di mano perché i presupposti del progetto erano sbagliati: orsi non selezionati sulla base di valutazioni etologiche, scelti tra animali alimentati sui carnai e non timorosi dell’uomo. Nella discendenza dei 10 orsi deportati dalla Slovenia e catapultati nl Parco Adamello Brenta con ‘lanci’ non idonei per scelta di luoghi e tempi (sempre a detta degli studiosi dell’orso trentino).

 

 

Tutto ciò, unito ad un protocollo molto garantista per gli orsi, poco per le prede degli orsi e per la sicurezza delle persone (che ora si vuole rivedere quando è troppo tardi) ha consentito a cucciolate di orsi di apprendere che scorazzare impuniti, sbranare a ripetizione asini, mucche, manze, pecore, capre, distruggere alveari, danneggiare frutteti è… remunerativo e senza rischi. Di orsi che ne hanno combinate di cotte e di crude se ne contano ormai una serie. Compreso quelli che, quando hanno dimostrato di costituire un pericolo per le persone, sono stati abbattuti (nei paesi civili, in Germania, in Svizzera, non in Italia, dove il suddito conta meno di un orso di Stato e gli isterici animalisti  contano più della popolazione di intere vallate).

Il risultato è stato una strage di animali sacrificati sull’altare dell’ecologia spettacolo, dei nuovi idoli di una società ipocrita e schizofrenica, senza ormai alcuna bussola etica. In più si sono contate una serie di aggressioni alle persone (tra attacchi veri e falsi che comunque provocano danno biologico alle persone in termini di stress, rischio di infarto, trattamenti con psicofarmaci).

 

Libertà dei montanari limitata per la gioia dei Signori dell’orso e dell’idiotismo urbano degli ambientalisti televisivi in pantofole

 

Molte persone, gli anziani e le famiglie con bambini in primis, hanno rinunciato a fare passeggiate nei boschi, a raccogliere legna, a raccogliere funghi. La loro libertà è stata limitata per assecondare i calcoli – pressapochisti – dei politici, il fanatismo pseudoecologico del partito dell’orso che nasconde dietro una fraseologia ambientalistapulsioni superoministe, di signoraggio sul territorio e sui ‘servi della gleba’, di senso di mistica superiorità sulla plebe in forza della Scienza e della Natura Vindice.

Un partito che nasconde la sublimazione di frustrazioni piccolo borghesi con le proiezioni nell’orso super macho (in versione maschile e femminile dalle trasparenti valenze sessuali), vero eroe che sfugge alle trappole. Un miscuglio disgustoso di cartoon e di Nietzche, di mistica naturista yenkee alla Thoreau e nazional-socialista a cui – non si deve dimenticare – fanno da lubificante, carburante, collante – le milionate erogate per assicurare agli orsologi posti fissi in Provincia, consulenze a palate (anche a favore dello stesso personale della pubblica amministrazione).

 

 

Rossi non sa che pesci pigliare

 

Il gioco per la PAT, la ricca provincia autonona, si è fatto difficile. Già il “principe-vescovo”, il presidentissimo Dellai ripeteva che Life Ursus l’aveva ereditato e che era una grana, una rogna di cui lui avrebbe volentieri fatto a meno. Però, a parte rassicurare i valligiani incazzati con il solito paternalismo alla democristiana (a Trento dai Principi Vescovi, a De Gasperi a Piccoli a Dellai c’è stata una continuità di potere rara) dellai, Lorenzo il Magnifico non ha fatto nulla. Si è guardato bene dal fare cose concrete: cambiare le “regole di ingaggio” degli orsi (sono o non sono comparse pubblicitarie della premiata ditta Trentino spa?) e, soprattutto, spostare ad altra carica i Signori dell’Orso che – in perfetta continuità con Life Ursus e spesso assunti a seguito di Life Ursus stesso – dettano la governance della concreta gestione dell’orso (regole di ingaggio, propaganda per cercare – peraltro senza  successo – di convincere  i trentini ad “accettare” la convivenza forzata con 60 orsi che ogni anno aumentano).

Estate calda

 

L’estate 2014 è stata un’estate calda per gli orsi di Life Ursus. M4 ha imperversato sull’altopiano di Asiago uccidendo ad oggi 21 tra vacche e manze e scatenando il furore deglli aleggiatori che minacciano di lasciare le malghe deserte il prossimo anno per far capire ai politici che devono scegliere se vogliono abbandonarle all’orso o tutelare la millenaria attività dell’alpeggio.

Le polemiche contro la Provincia di Trento, colpevole, di aver irradiato orsi dannosi intanto in Veneto crescono dietro i rancori sui referendumn per la secessione dal Veneto.

In qualsiasi paese civile un orso M4 che si diverte ad uccidere a ripetizione (e peraltro consuma poco le carcasse passando al prossimo assaggio da gourmand)  sarebbe già stato fermato da una pallottola. Solo nel paese di Pulcinella, dove contano più le isterie animaliste che l’attività delle persone oneste che curano il territorio, M4 può continuare a scorazzare per la gioia dei suoi fan in pantofole. Cose che succedono non solo per la ‘lentezza burocratica’ ma anche perché la cultura italiota è ferma all’epoca comunale quando le città angariavano in ogni modo le campagne facendo subire loro un duro colonialismo (legittimato razzisticcamente dalla natura subumana del ‘villano’).

Considerata l’insostenibilità della situazione la PAT annunciava a luglio di aver predisposto una delibera che introduceva – a correttivo delle regole di ingaggio degli orsi – una delibera che inaugurava il concetto (fin qui rifiutato dai Signori dell’Orso) di “orso dannoso”.

Gli ‘orsi dannosi’ in Trentino potranno essere muniti di radiocollare, ma anche catturati o abbattuti, se non saranno efficaci le misure di prevenzione. Il ministero dell’Ambiente avrebbe dato il suo assenso ma non è ancora arrivato il via libera ufficiale (se maiarriverà). L’assessore trentino Michele Dallapiccola nell’occasone dichiarava:  “Siamo attenti al turismo culturale e sportivo, ma anche agli aspetti naturalistici. Se da una parte il progetto di reintroduzione degli orsi ha rappresentato un’attrattiva, siamo anche consapevoli delle difficoltà che talvolta comporta per i danni al bestiame”. Ci vuole la faccia di bronzo di un politicante per derubricare a “difficoltà” le malghe già da anni abbandonate per l’eccessivo rischio di predazione, l’esasperazione di allevatori e pastori.

Contro la delibera si alzava, come prevedibile, il fuoco di sbarramento delle sigle ambiental-animaliste cui si è accodato il M5S che scambia la rete e  le sue frustrazioni con il popolo dimostrando di essere urbanocentrico come tutti gli altri movimenti politici  e perdendo una buona occasone per scrollarsi di dosso le accuse di demagogia.

 

Daniza·”in·fuga””

 

A ferragosto, al clou della stagione turistica, rimbalzava su tutti i media la notizia che un raccoglitore di funghi veniva aggredito da un orso nei boschi di Pinzolo e finiva all’ospedale di Tione. Se il malcapitatonon avesse un fisico da culturista (e non avesse avuto il coraggio di reagire a calci e pugni rimettendoci comunque 40 punti di sutura e un morso allo scarpone) invece che all’ospedale sarebbe finito al cimitero.

Subito si è mobilitata la canea animalista per cercare di evitare la cattura della bestia e limitare i danni di immagine presso la vasta platea dell’idiotismo urbano orsofilo.

Così hanno dipinto l’orsa come una povera mamma che ha difeso i piccoli (ormai grandicelli, peraltro) e accusato il fungaiolo di essersela “andata a cercare” violando il sacro territorio dell’orso dove gli empi umani non devono più osare mettere più piede. Le Alpi non sono più delle comunità insediate, sono tornate alla “natura selvaggia” (e a chi ne manipola la sua costruzione sociale anche a favore degli interessi forti del capitalismo predone che sono ben felici do non avere più comunità per i piedi che si opponfono a Parchi eolici, dighe, TAV, porcate varie).

Gli animalisti sanno benissimo che con la loro isteria il grado di accettazione dell’orso in Trentino calerà a zero. Ma a loro non importa un fico. Sanno benissimo che già prima dell’aggressione di Pinzolo il periodico sondaggio demoscopico sull’accettazione dell’orso aveva registrato una nuova flessione di consenso orsofilo mettendo in evidenza come solo una minoranza resti favorevole al programma di reintroduzione dell’orso, mentre per sempre più trentini Life Ursus evoca “una boiata pazzesca”. Una ‘furbata’ che farà scappare i turisti.

Agli animalisti preme fare lobby sullo stato centrale, sul Ministero dove hanno ottime entrature. Chissenefrega dei trentini. Mica sono democratici gli ambientalisti sono fascisti tinti di verde e di un po’ di rosso che non guasta mai.

A gente che antepone la proliferazionedegli orsi a qualsiasi valore e che dice che se qualche umano ci rimette la pelle è un bene (visto che si tratta di specie invasiva troppo diffusa) cosa importa dei valligiani, delle comunità locali? Meno della cacca di una formica.

 

Se ci sarà nuova aggressione Rossi, Masé, Groff si macchieranno di omicidio/lesioni gravi

 

Le polemiche infuriano, l’orsa non si fa catturare (o probabilmente sono i forestali  del Dr.Groff che non la vogliono catturare aspettando che si plachi la buriana da entrambe le parti). Ma scherzano col fuoco.

Se Daniza, un animale radiocollaratoe quindi facilmente localizzabile, restasse libera, la responsabilità del Presidente Rossi, del Dott. Claudio Groff, del Dott. Romano Masé risulterebbero pesantissime.  Se credono che solo gli animalisti diano battaglia se lo scordino. C’è una parte dell’opposizione consigliare decisa a fare sul serio e, soprattutto, ci sono comitati e associazioni pronti ad agire.

In caso di nuova aggressione è bene che questi signori sappino che ci sono soggetti che procederanno ad ogni azione legale possibile contro di loro ritendendoli responsabili in prima persona di omicidio/lesioni gravi.

Troppe aggressioni sono state tacitate dal Servizio forestale (questa estate si parla di quattro aggressioni in alta val di Non tenute nascoste), troppe persone sono state convinte a non ‘piantare grane’ e a non intentare cause contro la Provincia sfruttando il clima di clientelismo diffuso in Trentino e la paura di perdere finanziamenti e posti di mamma provincia e del sistema di potere democristiano da terzo mondo delle coop, casse, consorzi.

Basti dire che l’assicurazione stipulata dalla Pat prevede che il morto ammazzato da orso sia compensato alla famiglia con 200 mila euro a patto che essa si sottoscriva la rinuncia a ogni azione legale. Per i Signori dell’Orso la vita umana vale, a dir tanto, 200 mila euro. Una bazzecola rispetto a quanto costa un solo orso (tenendo conto del personale impiegato, delle assicurazioni, degli indennizzi ecc.).

 

Tiro incrociato

 

Oggi la Pat, ben gli sta, è sotto un tiro incrociato dal quale difficilmente uscirà a venirne fuori politicamente indenne. Da una parte a spararle contro c’è la Regione Veneto. Una Regione schizofrenica che con Zaia (un laureato in produzioni animali che… si iscrive al Partito di Dudù) attacca il Trentino che vuole “uccidere gli orsi” mentre il Veneto “illuminato” al massimo li cattura (ma pare che non ci riesca). Dall’altra con l’assessore all’agricoltura attacca il Trentino ma per opposte ragioni, perché ha fatto proliferare orsi dannosi che, sconfinando, stanno danneggiando pesantemente  gli allevatori vicentini. Poi c’è il Ministero, pronto a bloccare ogni iniziativa della Provincia e a frustrare ogni soluzione con lungaggini romane e scrupoli ambientalisti.

Quindi ci sono gli animalisti che minacciano sfracelli, che presidiano il centro di Trento, che ieri hanno occupato (con il consenso della maggioranza o per meglio dire del PD) gli uffici della giunta provinciale, che annunciano manifestazioni, denunce ecc. ecc.

Ma, se non bastasse c’è una parte della politica di opposizione che, questa volta, è decisa a mettere in difficolta la maggioranza sul serio puntando sulla denuncia dell’incapacità a gestire un progetto orsi sfuggito di mano e sul quale la politica ha vergognosamente delegato alle lobby del Parco e dei Signori dell’Orso.

Non è finita. Non sapendo come uscire dal ginepraio Rossi l’ha fatta grossa dimostrando di essere un nano politico rispetto a Dellai. Ha implorato il Friuli Venezia Giulia, il Veneto (con M4 che imperversa!), la Lombardia (dove anche quest’anno gli orsi di passaggio hanno fatto mattanze di asini, pecore e capre), l’Austria e persino la Svizzera di ‘accettare’ un po’ di orsi trenbtini in sovrappiù. Con la Svizzera casca malissimo. Essa ha già detto cosa pensa degli italiani e del Trentino quando il responsabile dell’Ufficio fauna del Mistero federale dlel’ambiente ha sentenziato lo scorso anno che “a Roma sono inginocchiati agli animalisti”.

Chissà come saranno contenti poi a Poschiavo (la valle Grigionese dove gli orsi si imbucano proveniendo dal Trentino e dalla Valtellina) nel sapere che il Trentino vuole istituire le “quote orso” e sbolognare quelli in soprannumero da loro dove quelli sinora arrivati hanno cmbinato mari di guai.

Non si capisce perché, già che ci siamo, Rossi non chieda anche a Chiamparino (alle prese con TAV e lupi) di prendersi un po’ di orsi trentini. Tanto per non farsi mancare niente.

La Pat non sa più che pesci pigliare

Rossi, con la sua mossa improvvida, dimostra di essere un nano politico rispetto a Dellai.

Lo capisce anche un bambino che chiedere agli altri di togliere le castagne dal fuoco appellandosi al “contingentamento” degli orsi è una mossa stupida. In primo luogo le altre regioni risponderanno che le caratteristiche dell’area del Trentino Nord-Occidentale, dove è concentrato il 90% degli orsi trentini, non si trovano nelle altre regioni.

L’area dell’Adamello Brenta è un’isola scarsamente antropizzata, senza strade, senza paesi se non a corona. Basta guardare una carta stradale e una mappa della densità demografica e zootecnica per capire che in Veneto, in Lombardia, In FVG le cose sono ben diverse.

Se gli orsi creano problemi in Trentino nelle altre regioni essi rischiano di essere ingigantiti. Le obiezioni poi sono anche altre. Le altre regioni diranno che prima di sbolognare a Nord delle Alpi o ai vicini gli orsi il Trentino faccia fare agli orsi in soprannumero un piccolo tragitto ad Est dell’Adige, in val di Fiemme, in val di Cenbra, in val di Fassa, in Valsugana, in Primiero sull’altopiano di Lavarone. In tutte queste valli di orsi non c’è ombra o sono pochissimi. Convinca i suoi cittadini orientali che gli orsi sono una benedizione, un’attrattiva. Prima di pensare all’esportazione.

La gente non ha più l’anello al naso, pronta a bersi le bugie del Servizio Foreste della Pat. Sa benissimo che catturare gli orsi e catapultarli in altro territorio è la premessa per avere orsi problematici. Quindi nessuno ci cascherà.

 

 

Caro Rossi prima dividi l’autonomia con gli sfigati oltre confine, poi vedremo di parlare di orsi

 

Ma l’obiezione più grossa è che, chiedendo aiuto alle altre regioni con le “quote orso”, Rossi assimila gli orsi alle “quote profughi”, alle “quote rifiuti speciali”.Si appella alla solidarietà per chiedere ad altri di farsi carico di un progetto avventuristico voluto dal Trentino, si chiede ad altri di prendersi una rogna.

L’accettazione dell’orso comincia a diminuire anche nelle regioni vicine e ci sarà una dura reazione delle popolazioni lombarde e venete che si vedono fare concorrenza sleale dal Trentino in campo turistico – e non solo – grazie alla possibilità di trattenere in loco le tasse e sostenere l’economia locale, una possibilità che a Vicenza, a Verona, a Belluno, a Brescia, a Bergamo, a Sondrio è negata. E tutte queste popolazioni sanno che le tasse che lo stato ladro estorce loro servono anche a sostenere l’autonomia trentina.

Maroni e Zaia non sono aquile ma non così stupidi da aiutare Rossi con quegli orsi di cui la Pat si è fatta bella per anni e che, ora che diventano scomodi, vuole ‘mettere in comune’. Come si diceva: “socializzare le perdite e privatizzare i profitti”. Non funziona.

Facciamo così Rossi. Tu dividi con i vicini montanari di serie B  la tua autonomia e poi noi prendiamo i tuoi orsi.