Archivio mensile:marzo 2024

Land-grabbing turistico (una testimonianza dall’Abruzzo)

Land-grabbing turistico (una testimonianza dall’Abruzzo)

(03/03/2024 – Fabrizio Sulli) L’impatto sui sistemi socio-economico-culturali tradizionali del “land-grabbing turistico attraverso una testimonianza personale dall’Abruzzo. Chi viene dalla città per crearsi un buen retiro, acquistando case e terreni dalle agenzie immobiliari, disarticola quello che rimane di una struttura comunitaria e ostacola le iniziative di recupero agricolo con modalità arroganti (“qui è proprietà privata mia”) che assumono connotati coloniali

Sempre più nel nell’ultimo decennio stiamo assistendo a compravendita ed accaparramento immobiliare nelle aree rurali e montane a scopo turistico-ricreativo. Intere borgate, casali e terreni vengono comprati da forestieri spesso stranieri ricchi, e trasformati in case vacanze. Un vero e proprio land grabbing che nel corso degli anni, sta trasformando interi contesti spogliandoli delle loro vocazioni tradizionali, con un mutamento sociale e culturale a discapito di tutte le attività storiche e dei pochi residenti rimasti.

Accade così che in contesti orografici e geografici impervi ed isolati, dove trovare terreni coltivabili come seminativi e per uso pascolo è sempre più difficile, le aree migliori vengano comprate ed il loro utilizzo venga impedito, danneggiando sempre più i contadini, gli agricoltori e gli allevatori rimasti, che si trovano sempre più a corto di terre per il loro fabbisogno. Come se non bastasse la gentrificazione che il turismo porta, questo fenomeno rischia seriamente di scoraggiare e far cessare ogni forma di attività tradizionale, accentuando il rinselvatichimento e l’abbandono della montagna.

Vi racconto un piccolo episodio esemplificativo. Nel contesto dove vivo, a Castelli, piccolo paese della provincia teramana, da tempo tutte le attività agro-silvo-pastorali sono in forte contrazione. L’abbandono rurale e l’aumento della fauna selvatica, rendono già difficile il perseguire delle attività rurali, nonché nuove iniziative.

Da anni, ormai, il numero di case e terreni in vendita comprati da stranieri è in aumento. Mentre le famiglie abbandonano il territorio, gli stranieri, spesso solo a scopo vacanze, fanno incetta di ettari e casolari pagandoli cifre che sempre meno italiani possono permettersi. Ci sono casi in cui le stesse persone hanno comprato più immobili, in un frenetico accumulo compulsivo. Ed una volta insediatisi, senza integrarsi nel contesto sociale del luogo, cominciano a comandare ed esigere, lamentandosi delle attività agricole. O vietare utilizzi storici dei terreni, che così vanno a tornare boschivi, in un contesto dove c’è fame di pascolo e terreno seminativo.

La stessa cosa è capitata a me di recente. Dopo che per 10 anni avevo avuto l’opportunità di utilizzare ad uso pascolo e coltivazione alcuni ettari di terreno dai precedenti proprietari, in seguito all’acquisto da parte di una famiglia canadese, è piombato il diniego, dopo iniziale parere favorevole. Ed è stato avvilente sentirsi dire parole come “non voglio vedere vegetali, animali e persone sulle mie proprietà” dopo aver passato ore a sfalciare rovi.

Peccato che, nella mia contrada, quei terreni rappresentassero gli unici ancora classificati come seminativi agricoli, e che senza utilizzo finiranno per rimboscarsi. E non c’è altro nelle vicinanze. Dobbiamo quindi aspettarci ulteriori lamentele, magari se un asino raglia, se il gallo canta, o se un trattore fa rumore? E’ vergognoso pensare che, come nel cavallo di Troia, delle persone comprino in un luogo per poi arrivare a lamentarsi delle attività tradizionali e persino di non volere nessuno attorno. Quando, a differenza loro, in quella vallata c’è chi ci vive tutto l’anno anche da generazioni.

Quanto è corretto da parte di chi vive il luogo solo due mesi circa l’anno senza risiederci stabilmente e senza alcuna interazione con la comunità, il voler limitare vita e progetti degli abitanti locali? Questi atteggiamenti, sono una vera e propria forma di colonizzazione e discriminazione su base economica e sociale, indipendentemente da chi li attua. Mi chiedo quante persone, tra aziende e giovani, si siano trovati in simili condizioni in seguito alla rescissione di contratti di affitto o comodato anche verbale, e quindi costrette a cambiare i propri piani, assistendo passivamente all’abbandono del territorio.

Quali potrebbero essere le proposte, per contrastare efficacemente la problematica?Si potrebbe pensare a delibere comunali, dove si imponga ai proprietari di fondi storicamente ad uso pascolo e seminativo, la manutenzione e l’affidamento della sua pratica, ad aziende, contadini e giovani residenti sul territorio, al fine di garantire il tramandarsi delle pratiche tradizionali, della piccola economia a km.0 , dell’auto produzione e consumo familiari, nonché del mantenimento dei paesaggi e degli ambienti storici. Senza porre un freno al fenomeno, altrimenti, correremo ancora di più verso l’emigrazione, trasformando i nostri paesi, vallate e masserie, in sterili presepi mai vissuti, cancellando ogni testimonianza storica locale!

Resistere per esistere è un obbligo morale ed etico. Mai farsi calpestare!